giovedì

Ossezia: muore anche la verità

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(Carrarmati in Ossezia del Sud)

Un interessante articolo di Carlo Benedetti da Uruknet.info.

Continuando a giocare il gioco (impossibile) della ricerca della verità.

Ossezia: muore anche la verità

MOSCA. I russi? Bugiardi, criminali e aggressori. Cannoni, tank e cacciabombardieri in azione nel Caucaso georgiano? Sono tutti dei russi. Chi ha messo in atto il colpo di mano in Georgia? Putin e Medvedev. Le forze russe di pace inviate in Ossezia? Sono degli orsi che si stanno svegliando dal letargo. Le vittime ossete sarebbero circa 2000? E’ un dato assolutamente falso che dimostra, tra l’altro, la mancanza di obiettività dei russi. La distruzione totale della città di Tskhinvali, capitale sudosseta ed epicentro degli scontri? Una invenzione della propaganda russa per creare confusione. Le notizie che giungono dal fronte parlano di una capitale dove le infrastrutture urbane sono state annientate mentre l’ospedale è stato raso al suolo dalle bombe georgiane? Tutte falsità. Ma ci sono le testimonianze dirette presentate dalle televisioni? Nulla di tutto questo: i reporter di guerra russi sono tutti embedded. Eppure la Croce Rossa internazionale parla già di 40.000 profughi che corrono a ripararsi nelle zone controllate dai russi? Non è vero, è una montatura mediatica.

Mosca denuncia che le truppe georgiane hanno decapitato prigionieri nei dintorni di Tskhinvali, sulle tombe di commilitoni caduti, o spazzato a colpi di granate cantine affollate di poveri rifugiati? Bugie su bugie. Ma è vero che i georgiani hanno lanciato missili Grad contro i quartieri Nord di Tskhinvali, colpendo la strada lungo la quale i profughi fuggono in Nord Ossezia? No, i georgiani non attaccherebbero mai la popolazione civile. Sul fronte prettamente militare i russi ammettono di aver avuto sino a questo momento 18 morti, 52 feriti e 14 dispersi? Sono fatti loro perchè questa è la loro guerra. E ancora: il responsabile dei servizi di sicurezza della Russia, Aleksandr Bortnikov, annuncia l’arresto di dieci agenti dei servizi georgiani infiltrati in Russia per "preparare atti terroristici" soprattutto contro obiettivi militari? Anche questo non è vero. La Georgia non si serve dello spionaggio e non compie atti di terrorismo.

Ma allora perchè a Tbilisi si trovano impegnati gli agenti del Mossad israeliano in funzione di istruttori presso le forze del ministero degli Interni? E’ una bugia e comunque non ci sarebbe niente di particolare. E’ vero che gli Usa - con l’obiettivo di ostacolare le operazioni militari di Mosca nel Caucaso - hanno riportato a casa, a Tbilissi, 2000 soldati georgiani che erano di stanza in Iraq per impegnarli in Ossezia? E’ vero ed è un fatto normale. Ma allora è vero che l’America di Bush è dalla parte della attuale dirigenza georgiana? Si e ne siamo orgogliosi. Il presidente Saakasvili è amico di Bush e dell’America. Opera per fare della Georgia una terra occidentale, atlantica e sempre più filoamericana. Quindi anche anti-russa? Se l’essere anti-russi vuol dire battersi per la propria nazione allora il termine di "anti-russi" è appropriato. Ma allora perchè Tbilisi è contro l’indipendenza dell’Ossezia del Sud? Perchè quella terra è terra georgiana e nessun discorso sull’indipendenza potrà mai essere fatto.

E’ vero che la marina da guerra russa ha colpito una nave della flotta militare georgiana a Poti, sul Mar Nero. E’ vero, ma era un battello da turismo. Sin qui botte e risposte di quello che in condizioni normali potrebbe essere un dibattito a più voci e a tutto campo. Ma oggi come oggi siamo in presenza di una emergenza umanitaria nel pieno di una vicenda destinata a sconvolgere gli equilibri del Caucaso, dell’Europa e della normalità mondiale. Le polemiche e le accuse restano sui tavoli delle diplomazie mentre nel teatro di guerra continua la routine della morte e del terrore. Gli accenti, purtroppo, sono a senso unico. I georgiani di Saakasvili soffiano sul fuoco annunciando un imminente attacco russo alla capitale. Invitano la stampa a visitare la città di Gori dove sono cadute alcune bombe russe. Tutto questo perchè dietro le quinte si cerca di lasciare l’altro e grande aspetto della guerra.

Fuori campo restano le scene dell’aggressione georgiana e della distruzione dell’Ossezia del Sud. E così sembra che questo sia il dettato di una grande operazione messa in atto dal Cremlino: la distruzione dell’Ossezia filorussa e l’uccisione di una popolazione inerme per dimostrare la cattiveria della dirigenza georgiana. Comincia il gioco perverso di una "sovietologia" di ritorno. Si cerca di presentare il tutto come un grande gioco che si volge nelle sale di un Cremlino dove Putin e Medvedev starebbero combattendo una lotta per la sopravvivenza politica. I media americani cercano, appunto, di sostenere che la contesa è tra falchi e colombe. Medvedev da un lato - occidentale e timoroso di perdere la partita con gli Usa - Putin dall’altro, grande russo ed orso pronto sempre a presentare gli artigli sul tavolo della diplomazia.

Poche parole, invece, dall’ovest. Si cerca di mettere il silenziatore sulle manovre della marionetta Saakasvili e sui suoi rapporti diretti con Bush e con Israele. E si cerca di non parlare in concreto di quella proposta russa di istituire un tribunale internazionale dove condurre i responsabili del genocidio contro l’Ossezia. E a sedere sul banco degli imputati - come avvenuto recentemente per Milosevic e per Karadzic - sarebbe sicuramente lo stesso "Presidente georgiano Saakasvili". A meno che in Georgia non accada quello che è avvenuto a suo tempo in Romania con Ceaucescu o in Iraq con Hussein. Mosca - è chiaro - non prende in considerazione questi scenari apocalittici. Tanto più che proprio in questi momenti il presidente Medvedev ordina la sospensione delle operazioni militari russe avviate in Georgia "per costringere Tbilisi alla pace" perché "il risultato è stato raggiunto" come confermano il ministro della Difesa Anatoli Serdiukov e il capo di stato maggiore Nikolai Makarov. "La sicurezza dei nostri peacekeeper e della popolazione civile è stata ripristinata aggiunge Medvedev: l'aggressore è stato punito e ha subìto perdite considerevoli. Le sue forze armate sono disorganizzate". Medvedev pone però due condizioni per la conclusione del conflitto: "Innanzi tutto, le truppe georgiane debbono tornare alle loro posizioni iniziali e essere in parte smilitarizzate. In secondo luogo, occorre sottoscrivere un accordo vincolante, che obblighi a non ricorrere alla forza".

Il presidente russo conferma poi la decisione prima in un colloquio telefonico con l'Alto Rappresentante per la politica estera e la sicurezza dell'Unione europea, Javier Solana, e poi in un incontro con il presidente francese e presidente di turno dell'Unione europea, Nicolas Sarkozy. Questi è a Mosca per una missione di mediazione che lo condurrà poi a Tbilisi. Sarkozy parla di "una buona notizia" riguardo all'annuncio di Medvedev e sottolinea l'importanza di raggiungere e di consolidare un cessate il fuoco e definisce "assolutamente normale che la Russia voglia difendere gli interessi dei suoi compatrioti nel suo Paese e dei russofoni fuori dalla Russia".

Alle questioni ossetine, intanto, si aggiungono quelle della regione dell’Abchasia. Qui Sergei Bagapsh, presidente di questa repubblica georgiana filorussa del Caucaso, rende noto che le sue truppe hanno conquistato la maggior parte della valle del Kodori, fino a pochi giorni fa controllata dalle truppe georgiane, in particolare le cittadine di Ashara e di Tchalta, e che "avanzano verso il confine con la Georgia". Nello stesso tempo si apprende che in Abchasia la Russia ha quadruplicato le proprie truppe, dispiegate nell'ambito della missione della Comunità di Stati Indipendenti (Csi), portandole a 12.000 uomini, appoggiati da 350 mezzi blindati.

Ora mentre le truppe georgiane continuano a infierire contro l’Ossezia del Sud e a preparare attacchi alla piccola Abchasia - da sempre in odore di separatismo - la mobilitazione propagandistica della Georgia si fa sempre più forte. Entrano in campo i capitali del miliardario Soros e gli assegni americani inviati alle varie rappresentanze diplomatiche della Georgia.
L’ordine di scuderia è quello di fare chiasso. Come quello che si registra a Roma dove scende in campo l’ambasciatrice della Georgia presso la Santa Sede, principessa Bagration de Moukhrani Khetevane. "La Georgia – dice tranquilla – ha già cessato il fuoco e imposto il silenzio delle armi; non vogliamo altro spargimento di sangue». Parole sante visto il pulpito dal quale vengono. Il problema consiste però nel vedere se la preghiera della principessa georgiana sarà esaudita dal suo presidente Saakasvili e dai suoi padroni d’oltreoceano.

mercoledì

Protetta di Mnemosyne

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(Antonio Corradini, Sara, Udine, Chiesa di San Giacomo Apostolo)

Seduta sull'orlo della vita lei attende. La diagnosi è già stata emessa: Alzheimer. Ogni giorno manda giù un nuovo sorso delle acque dell'oblio. Sa che incontrerà Caronte, ma non riesce a ricordare dove l'incontro avverrà, né quando.

Angela Schnoor, Protegida de Mnémosine

Un affascinante racconto breve tradotto dal blog Microargumentos

L'altro blog della brasiliana Angela Schnoor: Ideália

L'e-book Na barca de Caronte

La parola per non dirlo

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«Le parole sono importanti, come ha detto una volta un noto regista italiano. E quando parliamo di immigrazione e di immigrati, le parole sono ancora più importanti. Clandestini, extracomunitari, rom-rumeni, nomadi, neri, negri, sinti, islamici, marocchini, moldavi: la tv, i giornali e i politici italiani fanno molta confusione sul tema dell'immigrazione...»

Leggi l'articolo intero di John Foot da Internazionale.it

martedì

Il ritorno delle giraffe. Ovvero: La nostra marmellata (5)

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(Un gadget della Fondazione Camera)

Se la Fondazione Camera diventa un lusso

La Fondazione è stata messa su cinque anni fa col nobile intento di “promuovere l`immagine della Camera e favorire il rapporto fra cittadini e Parlamento”. Ha perciò organizzato convegni, ha pubblicato libri, ha indetto celebrazioni. Ma è parsa anche come una specie di premio di consolazione per presidenti in quiescenza: dopo una legislatura al vertice di Montecitorio, i presidenti uscenti passano di diritto al vertice della "Fondazione Camera", dove restano per un`altra legislatura, guidando un`istituzione che garantisce un modo morbido e gentile verso il viale del tramonto. Ma che può rappresentare anche un modo per restare nel gioco politico aiutandosi con uno strumento piccolo ma non minimo (e ben finanziato).
Perché alla "sua" Fondazione la Camera garantisce una discreta dote di uomini e mezzi, a cominciare dal contributo finanziario annuo: anche sul prossimo bilancio sono stati confermati i soliti 40omila euro di finanziamento, nonostante la pressante richiesta di un congruo aumento avanzata da Fausto Bertinotti, il nuovo presidente della Fondazione, fattivamente all'opera nella sua più recente poltrona. In questo scorcio di legislatura ha già riunito un paio di volte il consiglio di amministrazione dell`istituto, anticipando molti progetti. Comincerà in autunno con la primavera di Praga: un grande convegno prima che il quarantennio dell`invasione si consumi definitivamente.
In ogni caso, nell`arco della legislatura la Camera trasferirà alla Fondazione una somma di 2 milioni di euro. E continuerà a fornire diversi apporti: il distacco del personale (una diecina fra funzionari e impiegati); l`uso gratuito dei locali per la sede, in uno dei palazzi "parlamentari" contigui a Montecitorio; la disponibilità delle dotazioni informatiche e delle attrezzature d`ufficio. Il totale fa una serie di costi che avevano allertato in un primo momento i nuovi "questori" della Camera, i tre deputati incaricati di sovrintendere all`amninistrazione della macchina parlamentare. Alla caccia degli "sprechi" da eliminare da esibire come inoppugnabile p rova dibuon governo, i tre erano orientati a sacrificare proprio la Fondazione creata da Pierferdinando Casini appena nel giugno 2003. Poi il salvataggio, dovuto forse al questore Antonio Mazocchi (An) preoccupato di difendere i progetti bertinottiani.
La Fondazione è così riuscita a sopravvivere a dispetto delle tante riserve sull`utilità di una struttura che, fra libri e convegni, finisce per svolgere le stesse attività di studio e di approfondimento che la Camera realizza da sempre "in prima persona" (e spesso con una migliore risonanza). Insomma: la Fondazione come costoso doppione, come il più nuovo degli enti inutili, come l`ultimo "carrozzone".«Parliamo più puntualmente di carrozzino», avverte la deputataradicale Rita Bernardini, recente protagonista di una battaglia parlamentare (persa) per ridurre e rendere trasparente il bilancio della Camera.
D`accordo (di malavoglia) sulla sopravvivenza dell`istituto, i questori non sono riusciti però a risolvere il problema rappresentato dall`attività commerciale che la Fondazione ha svolto negli ultimi tre anni. E che ha prodotto il cospicuo fiasco del "Punto Camera": un locale faraonicamente arredato, con sei vetrine spalancate su via del Corso, più quattro su via del Parlamento, nel cuore della città, a vendere gadget marchiati col logo "Camera dei deputati". Ai tempi della "Casta", il richiamo non ha tardato a rivelarsi, ma quello che ha tenuto alla larga la clientela sono stati i prezzi della boutique applicati alla mercanzia offerta. Un catalogo ricco in tutti i sensi per una clientela assai scarsa (1.200 visitatori al mese, quanti entrano in un solo giorno nei vicini magazzini del centro).
Tre mesi fa la decisione di chiudere il fallimentare commercio, senza però una chiara decisione sul futuro dei locali, sottoposti al momento a una nuova ristrutturazione. Con una giacenza in magazzino di oltre 4 mila pezzi invenduti, i questori sarebbero orientati a confermare il punto vendita, a prezzi però molto modesti. Ma penserebbero anche a trasformare i locali in un nuovo ingresso della Camera adatto ad accogliere gli studenti invisita a Montecitorio. Non senza aver prima scavato un tunnel sotterraneo per collegare il palazzo di via del Corso col palazzo di Montecitorio, una cinquantina di metri più in là. Il progetto è pronto da quattro anni (quando la sua realizzazione fu scongiurata a furor di popolo) e da altrettanti anni ne è stato valutato il costo, che ammonterebbe a oltre cinque milioni di euro.
Si fa fatica a crederci, ma sembra proprio che i questori ne abbiano parlato come di una cosa seria.

Franco Colasanti su «Il Sole 24 Ore» del 14 agosto 2008 (link diretto all'articolo)

Il sito della Fondazione Camera

La nostra marmellata (1)
La nostra marmellata (2)
La nostra marmellata (3)
La nostra marmellata (4)

giovedì

Le giraffe sono stanche...

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... e se ne vanno a sognare da un'altra parte.

Possibilmente sogni senza soldati, politici, cacciatori di zingari, eccetera eccetera eccetera...

Insomma: possibilmente senza sognare.

Ciao ciao.

Buone vacanze.

Un amore di spina

La nostra marmellata (4)

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Super-paga all'onorevole

No all'obbligo di documentare le spese. Così crescono gli stipendi

La camera dei deputati e il senato della repubblica hanno bocciato la richiesta di uno sparuto gruppo di parlamentari (i radicali) di introdurre l'obbligo di documentazione delle spese rimborsate ai parlamentari, rendendo pubblico attraverso internet l'utilizzo di poco meno di 5 mila euro al mese netti versati nelle tasche di 922 rappresentanti del popolo. A un anno e mezzo dalle polemiche sulla casta, dunque, i rappresentanti del popolo si sono presi la loro bella rivincita segretando una parte della busta paga che solo in teoria potrebbe servire a pagare spese reali, ma che in molti casi (forse la maggior parte) serve a integrare l'indennità e la diaria portando lo stipendio netto mensile molto vicino ai 15 mila euro. Ai parlamentari infatti viene concesso - sulla base dei regolamenti interni - oltre allo stipendio base (indennità) che è di 5.486,58 euro al mese per i deputati e di 5.613 euro al mese per i senatori, viene erogata una diaria di 4.033 euro netti al mese (uguale per i due rami) e un rimborso spese per tenere i rapporti fra eletto ed elettore che è di 4.190 euro netti al mese per i deputati e 4.678 euro netti al mese per i senatori. Oltre a questo c'è un rimborso taxi forfettario che varia da 1.100 a 1.500 euro al mese fra Camera e Senato secondo il luogo di residenza dell'eletto. Infine per i deputati 250 euro al mese di rimborso spese telefonino e per i senatori 350 euro al mese. La diaria in teoria sarebbe legata alla presenza dei parlamentari in aula, certificata dal numero di votazioni a cui partecipano o dalla firma del registro. In caso di assenza per ogni giorno dovrebbe esserci una trattenuta. Ma i parlamentari si fanno coprire dai colleghi "pianisti" che votano al posto loro. Fuori dal Palazzo questa si chiamerebbe truffa ai danni dello Stato. Lo facesse qualsiasi altro dipendente pubblico si troverebbe di fronte al giustissimo cartellino rosso del ministro Renato Brunetta. A Palazzo no, si sorride e al massimo un buffetto e la promessa di regole draconiane contro i pianisti (sempre annunciate e mai viste). Gli altri rimborsi servirebbero anche a pagare un assistente di fiducia (il portaborse). Non è obbligatorio pagarlo, e nemmeno averlo. Quei rimborsi quindi possono finire direttamente in tasca, e infatti lì finiscono. Stesso discorso per i taxi: si presume che siano presi. Ma non è detto. Certo chi ha l'auto di servizio non lo prende. Ma intasca i rimborsi, che diventano stipendio esentasse. Qualcuno ha chiesto di pagare solo le spese documentate. È insorto il parlamento bipartisan. La legge vale per tutti. Non per chi la scrive...

(Franco Bechis, da «Italia Oggi» del 29 luglio 2008)


La nostra marmellata (1)

La nostra marmellata (2)

La nostra marmellata (3)

mercoledì

Gli scandali in questo paese...

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Non sono d’accordo con chi dice che in questo paese gli scandali sono impuniti, tutto finisce in prescrizione e tutti cercano l’immunità. Anzi, ho diversi esempi di come alla minima mancanza, politici di alto rango siano stati cacciati prontamente e senza appello.
M.S., ministro, destinata a essere forse il primo presidente del consiglio donna della sinistra. Ebbene, la poverina nel 1996 ha acquistato con la carta di credito del partito, due Tobleroni e dei pannolini per bambini, e non ha reso conto di questa spesa nel bilancio. E’ stata allontanata con ignominia. Poi c’è L.F., ministro della giustizia. Nel duemila suo marito ha votato a favore della privatizzazione di un appartamento statale condominiale, mentre la linea del partito era contraria. Dopo aver osato litigare con i giornalisti che assediavano la sua casa, la ministra è stata deposta in un baleno. E’ tornata come ministro degli esteri. Ebbene la sera dello tsunami era a teatro, ed è entrata in azione con due ore di ritardo. Dimessa in poche ore. E che dire delle decine dei candidati di destra che alle ultime elezioni, sono caduti in una trappola giornalistica? Una telecamera nascosta li ha ripresi mentre pronunciavano frasi del tipo “beh sì, da noi ci sono troppi musulmani” o “sono stato in vacanza in Africa e non mi sono trovato bene”. Tutto questo è stato trasmesso in televisione e tutti i partiti, compresi quelli di destra, hanno convenuto che nessuno di loro poteva essere assolutamente candidato.
Poi c’è stato il caso del ministro dell’economia della destra B.R. Sorpreso in un locale di strip-tease con alcuni ospiti del governo, è stato deposto senza pietà. Stessa sorte per il ministro della cultura C.S.C., dopo che i giornalisti hanno scoperto che non aveva pagato il canone della televisione per ben 16 anni.
E questa pronta risposta agli scandali non ha coinvolto solo i politici, ma anche i grandi industriali. P.B., direttore del colosso Apb, è andato in pensione con una liquidazione di ben 4 milioni di euro. Ebbene lo scandalo e l’indignazione sono stati così unanimi che egli, proprio come Romiti, ha restituito grande parte di questa somma.
E nessuno di questi scandali è stato affossato perché nel paese, come sapete, vige un criterio di assoluta trasparenza. Qualsiasi cittadino può chiedere di entrare nell’ufficio di un ministro, vedere i suoi conti e controllare addirittura la sua posta elettronica.
Insomma, guai a sgarrare e farsi beccare, in questo paese.
Ora devo fare una necessaria precisazione: il paese di cui parlo non è l’Italia ma la Svezia. Le sigle dei ministri cacciati stanno per Mona Sahlin, Laila Freivalds, Björn Rosengren, Maria Borelius e Cecilia Stego Chilo: l’industriale è Percy Barnevik. Però le similitudini con l’Italia e il lodo Alfano sono impressionanti, e mi sembrava giusto rilevarle.

Stefano Benni (dal suo sito)

Primo intervento

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5 agosto 2008, da fonte ufficiale Gruppoespresso.it:

ROMPE VETRO IN METRO, PRIMO INTERVENTO ESERCITO A MILANO

È avvenuto questa mattina il primo intervento dell'Esercito a Milano, chiamato a sostenere le forze dell'ordine. L'episodio e' avvenuto alle 10,20 in Piazza Duca d'Aosta, nel mezzanino della metropolitana. Un uomo di 31 anni, Angelo S., calabrese, con precedenti per rapina in seguito ad un atto d'ira ha tirato un pugno contro il box antincendio infrangendo il vetro. Il gesto e'
stato notato da un agente di stazione che ha chiesto l'intervento della pattuglia formata da due militari e da due poliziotti. Sul posto e' intervenuta anche la volante del Commissariato. L'uomo e' stato indagato per danneggiamento.

Da fonte non ufficiale (molto vicina alle giraffe):

Duro colpo dell'esercito italiano alla "mala della metro", che terrorizzava i viaggiatori della sotterranea milanese. Stamane due militari e due agenti della polizia hanno avuto ragione di uno dei più pericolosi esponenti della organizzazione para terroristica, individuato da un altro agente mentre si aggirava con fare sospetto fra i laboriosi meneghini. Il facinoroso pluripregiudicato meridionale, una volta vistosi in trappola (erano ben 5 i tutori dell'ordine sulle sue tracce) ha dato in escandescenze, frantumando con un sol pugno il prezioso vetro di estintore. In breve, è stato ridotto all'impotenza dalla virile azione dei 5 "angeli", coadiuvati da una vettura che dall'esterno forniva sostegno logistico (contro certi individui la prudenza non è mai troppa). Secondo alcuni la presenza a bassissima quota di un elicottero d'assalto "mangusta" senza contrassegni potrebbe essere messa in rapporto con la pericolosa operazione sotterranea.
Ai coraggiosi militi il ringraziamento di una città che - finalmente - sa di essere protetta.

martedì

La banca italiana della memoria

Un progetto di quattro giovani con la collaborazione della Provincia di Cuneo e dell'Associazione delle Università italiane per la terza età Unitre.

Le storie del passato, la gente comune filmata.

Un'idea preziosa, per non dimenticare.

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(Mario Vaio — 25/06/32 — racconta la sua infanzia nelle campagne astigiane degli anni '30)

Il sito della Banca della Memoria

lunedì

Are Italians the Rudest People on the Planet?

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Gli Italiani sono i più maleducati del pianeta?

Come conciliare l'Italia moderna – consumerismo, televisione spazzatura, dipendenza dalle firme di moda e irragionevole adorazione della celebrità – con l'Italia di Venezia, da Vinci, Verdi e dei Medici?

«Dite quello che volete della nostra teppa inglese, violenta e piena di birra, ma, con i tatuaggi e tutto il resto, avrebbe capito che specie di uomo è Berlusconi in un istante.»

(Matthew Parris su Timesonline)

La stanza buia

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Di tutte le storie della Storia
la più triste è senza dubbio quella di Spagna,
perché finisce male.
Jaime Gil de Biedma


Adesso sa perché non c'erano farfalle né colombe nella stanza di dietro, nella stanza buia. Perché non c'era aria né mare sulla scala posteriore. Perché non era possibile scendere, né arrivare fino in fondo e poi aprire la porta sbarrata. Adesso sa perché avevano occultato la chiave nel luogo più nascosto. Là dentro c'era il tradimento, il segreto, la delazione, la vergogna, la complicità, l'omissione, la codardia, l'infamia, i segreti inconfessabili... la memoria del sangue versato. Non c'erano piante rampicanti né fiori di buganvillea né finestre. Là dentro avevano rinchiuso i fantasmi dell'ultima guerra civile e tutto quello che era venuto dopo, come le spoglie di una razzia.

Juan Yanes

Un racconto breve sulla Guerra Civile Spagnola tradotto dal blog Máquina de coser palabras

venerdì

Privilegiato senza pudore

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(Vignetta di Fricca)

Dopo vari tentativi, il premier italiano Silvio Berlusconi e’ riuscito a mettersi al riparo dalla giustizia del proprio paese. Il momento per introdurre la nuova legge sull’immunita’ non poteva essere scelto in maniera piu’ spudorata.

Immunita’ per il Cavaliere

In una democrazia, di solito, gli imputati di reati gravi, danno le dimissioni dai pubblici uffici. In italia e’ il contrario. C’e’ il forte sospetto che Silvio Berlusconi sia entrato in politica all’inizio degli anni ‘90 per proteggersi dalla giustizia. Da allora il confronto tra il miliardario e i magistrati tiene il paese con il fiato sospeso.

Gia’ nella legislatura dal 2001 al 2006 la coalizione di centro-destra ha dedicato parecchie energie nel proteggere le azioni penalmente rilevanti del cavaliere. Ora che e’ salito di nuovo al potere ci riprova. Con sospetta velocita’ da record e contro il parere dei giudici costituzionali Berlusconi si e’ procurato l’immunita’ tramite il parlamento. La conseguenza: Berlusconi per i prossimi 5 anni e’ immune dagli attacchi dei magistrati.

Il momento per introdurre questa legge non poteva essere piu’ spudorato, visto che verra’ bloccato il processo milanese che coinvolge il premier e che e’ prossimo alla conclusione. Berlusconi e i suoi vassalli politici non fanno mistero che l’intenzione della legge e’ quella di proteggere il premier da una condanna. Il loro argomento e’ che Berlusconi e’ stato scelto dal popolo, che sapeva bene dei suoi problemi con la giustizia. Questo argomento rende Berlusconi quasi onnipotente.

Il capo del governo cerca altresi’ di mettere in conflitto i principi della democrazia con quelli dello stato di diritto. Questa e’ la tipica strategia di un leader di un regime populista, ma l’Italia non e’ una Repubblica delle Banane, bensi’ uno dei paesi fondatori dell’Unione Europea. Sotto Berlusconi minaccia di diventare un paese con peculiarita’ ben al di fuori degli standard tradizionali europei.

L'articolo originale Immunität für den Cavaliere, dal sito della «Süddeutsche Zeitung» (testo italiano tratto da Italiadallestero.info)