lunedì

Robot malvagi: come riconoscerli


Sono incapaci di pietà o rimorsi.

A volte, quando hanno a che fare con situazioni paradossali, si autodistruggono.

I loro occhi sono spesso rossi e lampeggianti.

Sono vulnerabili all'acciaio fuso, alle esplosioni e, soprattutto, all'amore.

Si muovono da soli, indipendentemente (e alla faccia di HAL di 2001: Odissea nello spazio).


Il séguito, più una top list robotica, qui

Blogosfera — Le 5 leggi di Kelly

(Illustrazione tratta da www.avalon5.com)

John Kelly, ricercatore della Columbia University e del Berkman Center for Internet and Society di Los Angeles, è uno dei fondatori della Morningside Analytics. La Morningside si sta occupando dell'individuazione e della mappatura delle connessioni tra la blogosfera e i media intesi come un tutto unico.


In una recente conferenza, prima di esporre alcuni dati delle sue ricerche, Kelly ha tracciato le linee principali che guidano il suo studio:


1. la dicotomia Giornalisti-Bloggers non esiste: entrambi appartengono a un unico sistema di comunicazione

2. le comunicazioni si trovano al centro di un lungo e profondo processo d'evoluzione, che va dal servizio postale fino al telefono e a internet

3. i blog sono una chiave per comprendere i diversi contesti sociali connessi tra loro

4. i media hanno bisogno di una revisione, visto che con i metodi correnti non arrivano a una piena comprensione della società

5. siamo sempre stati una società interconnessa: oggi lo sappiamo.

venerdì

Un falso è un falso. Comunque


Creare con una manciata di clic un fake-sito, opportunamente "camuffato" (come le homepage di Repubblica.it, de «L'Osservatore Romano», della Casa Bianca ecc.), e cominciare a pubblicare news, appelli, commenti...

L'ultima iniziativa del "gruppo immaginario di artisti italiani" Les Liens Invisibles.


Fotografia — Portfolio del mese



Illuminazione copia-e-incolla



Una lampada puntata verso una particolare area illuminata. Un sensore incorporato che misura l'intensità, il colore, la tonalità, la saturazione dello spazio illuminato. Le informazioni registrate inviate a una qualsiasi altra fonte di luce che replica la stessa illuminazione.


Il copia-e-incolla sviluppato dalla Philips.

giovedì

Ailurofobia


Il termine scientifico che designa la paura dei gatti è Ailurofobia (dal greco aílouros ‘gatto’ e phobía ‘paura’).

Conosco alcune persone affette da questa vera e propria patologia, e non le invidio affatto.

Se detestate un ailurofobico regalatagli una scatolina così.

E non dimenticate di dirgli che l'involucro è molto fragile...


Photobucket

Quando tuo padre è il nemico — L'eredità degli stupri di guerra

(Ottobre 2006, dimostrazione delle vittime degli stupri di guerra)
Bosnia-Erzegovina: le migliaia di bambini rifiutati le cui madri furono vittima di stupro durante la guerra.

Le parole d'allarme di Sabina Husci, psicoterapeuta e teologa islamica, su «Rue89.com»

Il Tibet era, è, e sarà sempre una parte della Cina

martedì

Abu Ghraib: la donna dietro l'obiettivo

«Non credo stessimo realmente pensando a cosa facevamo. Ehi, insomma, questo tizio era appena stato ammazzato... Lo so che sembra brutto.»

(Sabrina Harman, ventiseienne soldato scelto dell'esercito degli Stati Uniti, autrice delle foto scattate ad Abu Ghraib)

Il testo completo su «The New Yorker»

La libertà del web seppellita dai giganti


Leggo di una nuova battaglia tra giganti, e mi viene da sperare che, come accadde ai dinosauri, prima o poi anche questi finiranno per sparire. Per il momento si azzuffano con gran rumore di denti. Nella Rete. Microsoft contro Google. Io e noi siamo parte, inconsapevole, di loro: li usiamo, ci usano. Sto scrivendo su un programma del primo e, se ho bisogno di un'informazione veloce, vado sul secondo. Sono sicuramente nel database del primo e del secondo. E anche di quello della prossima vittima dell'uno o dell'altro. Infatti Microsoft e Google si stanno combattendo sulle spoglie di Yahoo, per conquistarsele.

Penso agli adoratori di Internet, che sono poi quegli stessi che ancora pensano, davvero ingenui, che la Rete sia, o diventerà, il regno della libertà e della democrazia, dove si potrà sapere tutto quello che si vuole, dove ci si potrà emancipare da ogni controllo, dove l'ultimo dei poveri, e dei soli, potrà infischiarsene del primo dei potenti e dei ricchi, dove soprattutto si potrà ignorare le bugie della Grande Fabbrica dei Sogni e delle Menzogne che è il mainstream informativo del villaggio globale.

Illusione, certo, che è racchiusa però in cifre racchiuse nei database . Google ha 588 milioni di accessi unici, Microsoft ne vanta 540 milioni, Yahoo si accontentava dei suoi 485 milioni. E poiché nella tarda era dell'energia fossile, nella quale noi viviamo, la coazione a concentrarsi è dominante, non c'è scampo per i giganti minori.

Ma perché?

La risposta è semplice: perché sono loro, ormai, a decidere il nostro destino. C'è qualche cosa di mostruoso nel vederli muoversi alla conquista di altri mercati mentre tutto sembra dirci – e ci dice in effetti – che lo sviluppo indefinito nel quale siamo cresciuti tutti, sta finendo e ci si dovrà acconciare a uno sconvolgente cambio di vita, a una drammatica modificazione, cioè riduzione, dei nostri consumi. E loro invece, stanno progettando una moltiplicazione sesquipedale dei nostri consumi. Possibile che possano farlo? Possono, perché hanno la conoscenza; sono più potenti di molti Stati, ma non hanno responsabilità, e neppure logica. Non è infatti alla logica che obbediscono ma all'unica funzione che sanno svolgere: produrre denaro e, come sottoprodotto, produrre potere.

Dovremmo risparmiare energia? Abbiamo già compromesso gravemente tutti gli equilibri della biosfera? E loro costruiscono macchine che influenzeranno i nostri pensieri affinché noi consumiamo più energia e risorse naturali.

Possono perché loro hanno inventato “l'industria dell'influenza”. E' la prima volta nella storia dell'Uomo che un'attività economica rende direttamente denaro, per giunta in quantità mai viste, e, nello stesso tempo costringe i consumatori a produrre altro denaro. In altri termini loro traggono giganteschi profitti dalla manipolazione dei nostri comportamenti. Direttamente producono cose impalpabili, agiscono nel virtuale , come si dice. Vendono “comunicazione” e, apparentemente, anche informazione. Ma non quella vera, di cui loro dispongono, bensì quella che loro stessi selezionano affinché i nostri circuiti conoscitivi rimangano rinchiusi all'interno di determinate sequenze di pensieri. L'era digitale esattamente questo significa: 0-1-0-1, sì, no, sì, no. Uno switch apre, ma anche chiude, il rubinetto della conoscenza.

Ottantamila persone scrivono programmi per Microsoft. Trenta o quarantamila sono addetti alla manutenzione del motore di Google. Loro decidono il nostro tempo, la cosa meno fisica di ciò che ci compone.

Hanno diverse strategie e le migliorano in continuazione. L'assalto a Yahoo è un passaggio d'epoca, forse l'ultimo passaggio della “loro” epoca, appunto quella dell'energia fossile. Questo passaggio significa l'assalto definitivo alla Rete e la sua sottomissione alla pubblicità. Fino ad ora la pubblicità era solo (o quasi) “broadcast”. Cioè immense platee davanti alle televisioni, offerte (le platee) agl'inserzionisti (che vogliono piazzare i loro prodotti) come pacchetti da vendere. Ha funzionato per trasformare circa tre miliardi di persone in consumatori compulsivi. E valeva, fino all'altro ieri, anche per Internet: più un sito è visto (cioè cliccato) più un banne r su quel sito è costoso.

Poi , con il crescere dei numero dei computer, e con l'allargamento della banda, hanno pensato ad altri stratagemmi e si sono perfezionati. Agl'inserzionisti sempre più famelici di spazi hanno offerto audiences relativamente più ridotte, ma sempre più numerose, nicchie composte di clienti “specializzati”. Mentre l'epoca precedente era basata su grandi masse passive, questa si presenta come l'epoca delle masse “attive”, cioè che scelgono loro il modo in cui verranno manipolate e condizionate. Il passaggio d'epoca si chiama “interattività”. E, a sua volta, contiene un formidabile accessorio: la possibilità di “contare” tutto, di registrare ogni movimento, di accumulare dati statistici di ogni genere. Questo è il digitale, questa è la Rete.

Mentre le precedenti strategie “broadcast” erano basate su grandi numeri generici, disponibili “in natura” (il pubblico indistinto), queste nuove sono proprietà esclusiva di chi possiede i dati statistici. E questi sono forniti dai motori di ricerca, le macchine immateriali del tempo presente. Sono loro che registrano ogni nostro “passaggio” in Rete. Sia che leggiamo qualche cosa, sia che compriamo una merce, sia che esprimiamo in progetto di vacanza o divertimento, sia che chiediamo un'informazione, sia che parliamo al telefono, sia che guardiamo un programma tv. Sono le nostre abitudini, le nostre occupazioni, le nostre preoccupazioni, le nostre passioni, i nostri segreti, le nostre lettere ad essere monitorate.

E non è una banale intrusione nella nostra vita privata. Ai motori di ricerca la nostra vita privata, quella individuale, non interessa nulla. Quelli che registrano sono i “flussi” d'interesse, cioè i dati statistici. Di cui noi siamo parte infinitesimale ma niente affatto decisiva. E' in base alla conoscenza istantanea di quei flussi che loro sono in grado di suggerire (anzi di imporre) ai compratori-inserzionisti l'audience che è loro necessaria affinché possano vendere i loro prodotti.

E, come ben si capisce, con gli stessi meccanismi statistici con i quali vengono conosciuti, questi flussi possono essere deviati, rafforzati, indeboliti, incanalati, riorganizzati.

E' così che questi ciclopi accumulano, minuto per minuto, conoscenze che permettono loro di costruire strategie di controllo sociale, oltre che economico. E tutto questo deve restare rigorosamente al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dell'”uomo della strada”, cioè della molecola minima del gas sociale oggetto dell'indagine.

L'effetto economico è immediato e lampante. Ed è anche quantificabile con precisione matematica. Metti un banner e saprai ad ogni istante quante persone l'hanno visto. E' su questa base che viene definito il CPM (costo per mille). Ma, a differenza di una normale compra-vendita della merce (io ti dò lo spazio pubblicitario, tu mi paghi in base al suo valore di mercato), qui l'interazione prosegue. L'individuo molecola primaria viene catturato nella Rete. Il ciclope, attraverso il suo database, i suoi motori, non lo perde più di vista, lo insegue lungo tutti i diversi media di cui si serve, e che consulta magari distrattamente, lo tallona e lo registra mentre si muove, lavora, agisce, si diverte, ama e odia, vota o riposa.

Siamo già molto al di là delle strategie quantitative, che impongono un prodotto, un'idea, attraverso la sua ripetitività ossessiva in tutte le piattaforme: dai cartelloni stradali, ai cellulari, alle tv, al computer. Questa funziona, come sappiamo, egregiamente, e consente di usare lo stesso messaggio, modellato a seconda delle piattaforme su cui viene inviato, in modo che possa cogliere di sorpresa la molecola primaria e ficcarsi stabilmente nel suo subconscio.

Ma la svolta più raffinata è un altro uso dell'interattività: quello che permette di modellare il messaggio statisticamente sui gusti del navigatore. Funziona così: il motore di ricerca individua i comportamenti comuni a centinaia di migliaia di individui relativamente a un determinato problema, aspetto, emozione. Lo può fare in tempo reale e può quindi rispondere in tempo reale, cioè istantaneamente a tutta quella popolazione di individui su quel tema specifico che essi, tutti insieme, sollecitano. A tutti i navigatori è dunque possibile fare arrivare non un banner generico, ma un messaggio specificamente studiato per rispondere al loro interrogativo del momento.

Qui l'”industria dell'influenza” sta producendo risultati assolutamente inediti ed epocali. Google, Yahoo, Microsoft fanno ormai uso delle consulenze creative di imprese specializzate in “selezione di pubblici”. Compagnie come Double Click, Blue Lithium, Right Media sono all'origine di complessi sistemi di definizione di grandi nicchie comportamentali e di elaborazione di metodi per convogliare messaggi di alta specializzazione. Terreno di coltura, oltre che di studio, è l'immenso mondo dei videogiochi. I messaggi pubblicitari, la gran parte dei quali subliminale, vengono immessi nei videogiochi. Una specie di product placement generalizzato che è identico nel suo funzionamento allo spaccio della droga ai minori. I risultati della immissione nei cervelli (specie degli adolescenti) di “moduli di pensiero”, di desideri, di scale di valori, di reazioni istintive, potranno poi essere raccolti, ripresi, riutilizzati in altri contesti. Il cervello è stato marchiato, gli è stato introdotto un sistema di risposta automatica, e reagirà di conseguenza quando vedrà o ascolterà il richiamo.

Da quel momento l'internauta viene condotto all'interno di uno sconfinato mall, outlet , grande magazzino, centro commerciale, dove è possibile acquistare ed essere acquistati da merci e idee di ogni genere. L'individuo crede di esservi entrato di propria, spontanea volontà (gli si fa presente, ogni volta, che è lui che sta scegliendo, e che sta quindi esercitando la propria libertà) mentre viene condotto nei reparti di vendita che sono stati allestiti esattamente per lui. Cioè per il lui, o la lei, statistici che sono stati composti dai motori di ricerca.

L'inserzionista corrisponde a una di quelle vetrine di quel particolare reparto. Da solo non potrebbe neppure sognare di avere tanti clienti potenziali. Solo il motore di ricerca può organizzargli una tale orgia di clienti. Per questo dovrà pagare il servizio: non più un CPM (costo per mille), ma adesso un CPC (costo per click).

Ed è proprio così che funziona, perché per ogni click in quel reparto, la probabilità che vi sia un acquisto è molto più alta. L'internauta è infatti già stato portato nel negozio “giusto”, quello dove ci sono le merci che desidera comprare. E' in questo modo che l'era del fossile, l'era del consumo disperatamente crescente, l'era dell'accumulazione fantasmagorica del denaro e della disuguaglianza, l'era della fine della democrazia liberale, si stanno attrezzando per affrontare il tremendo cambio d'epoca dall'esaurirsi delle risorse naturali e dal venire in luce della mostruosa constatazione che siamo entrati in “overshooting”, cioè che stiamo distruggendo la biosfera, cioè noi stessi. Pensano (ma forse non pensano per niente) che la crescita possa restare illimitata ed eterna, come si sono illusi che fosse, e non è mai stata. Ci costringeranno a fare di più e di peggio, mentre, al posto della crescita infinita, sta comparendo all'orizzonte la “crescita di tutti i limiti”.

Poi verrà la guerra, e avrà gli occhi di vetro di un computer.

Giulietto Chiesa, da «Megachip — Democrazia nella comunicazione», 25.03.08 link

venerdì

Tears Dry On Their Own

Tears Dry On Their Own - Amy Winehouse

All I can ever be to you,
Is a darkness that we knew,
And this regret I had to get accustomed to,
Once it was so right,
When we were at our high,
Waiting for you in the hotel at night,
I knew I hadn't met my match,
But every moment we could snatch,
I don’t know why I got so attached,
It’s my responsibility,
And you don’t owe nothing to me,
But to walk away I have no capacity

He walks away,
The sun goes down,
He takes the day but I’m grown,
And in this grey, in this blue shade
My tears dry on their own

I don’t understand,
Why do I stress a man,
When there’s so many better things at hand,
We could a never had it all,
We had to hit a wall,
So this is inevitable withdrawal,
Even if I stop wanting you,
A Perspective pushes thru,
I’ll be some next man’s other woman soon

I shouldn't play myself again,
I should just be my own best friend,
Not fuck myself in the head with stupid men

He walks away,
The sun goes down,
He takes the day but I’m grown,
And it's OK,
In this blue shade,
My tears dry on their own

So we are history,
Your shadow covers me
The sky above,
A blaze only that lovers see

He walks away,
The sun goes down,
He takes the day but I’m grown,
And it's OK,
In this blue shade
My tears dry on their own

I wish I could say no regrets,
And no emotional debts,
And as we kiss goodbye the sun sets,
So we are history,
The shadow covers me,
The sky above a blaze that only lovers see

He walks away,
The sun goes down,
He takes the day but I’m grown,
And it's OK,
In this blue Shade,
My tears dry on their own

He walks away,
The sun goes down,
He takes the day but I’m grown,
And it's OK,
My deep shade,
My tears dry

He walks away,
The sun goes down,
He takes the day but I’m grown,
And it's OK,
My deep shade,
My tears dry.

Soneto




Acusam-me de mágoa e desalento,
como se toda a pena dos meus versos
não fosse carne vossa, homens dispersos,
e a minha dor a tua, pensamento.

Hei-de cantar-vos a beleza um dia,
quando a luz que não nego abrir o escuro
da noite que nos cerca como um muro,
e chegares a teus reinos, alegria.

Entretanto, deixai que me não cale:
até que o muro fenda, a treva estale,
seja a tristeza o vinho da vingança.

A minha voz de morte é a voz da luta:
se quem confia a própria dor perscruta,
maior glória tem em ter esperança.

Carlos De Oliveira, 1945

giovedì

El Perseguidor

Dédée y Art Boucaya han venido a buscarme al diario, y los tres nos hemos ido a Vix para escuchar la ya famosa -aunque todavía secreta- grabación de Amorous. En el taxi Dédée me ha contado sin muchas ganas cómo la marquesa lo ha sacado a Johnny del lío del incendio, que por lo demás no había pasado de un colchón chamuscado y un susto terrible de todos los argelinos que viven en el hotel de la rue Lagrange. Multa (ya pagada), otro hotel (ya conseguido por Tica), y Johnny está convaleciente en una cama grandísima y muy linda, toma leche a baldes y lee el Paris Match y el New Yorker, mezclando a veces su famoso (y roñoso) librito de bolsillo con poemas de Dylan Thomas y anotaciones a lápiz por todas partes.

Con estas noticias y un coñac en el café de la esquina, nos hemos instalado en la sala de audiciones para escuchar Amorous y Streptomicyne. Art ha pedido que apagaran las luces y se ha acostado en el suelo para escuchar mejor. Y entonces ha entrado Johnny y nos ha pasado su música por la cara, ha entrado ahí aunque esté en su hotel y metido en la cama, y nos ha barrido con su música durante un cuarto de hora. Comprendo que le enfurezca la idea de que vayan a publicar Amorous, porque cualquiera se da cuenta de las fallas, del soplido perfectamente perceptible que acompaña algunos finales de frase, y sobre todo la salvaje caída final, esa nota sorda y breve que me ha parecido un corazón que se rompe, un cuchillo entrando en un pan (y él hablaba del pan hace unos días). Pero en cambio a Johnny se le escaparía lo que para nosotros es terriblemente hermoso, la ansiedad que busca salida en esa improvisación llena de huidas en todas direcciones, de interrogación, de manoteo desesperado. Johnny no puede comprender (porque lo que para él es fracaso a nosotros nos parece un camino, por lo menos la señal de un camino) que Amorous va a quedar como uno de los momentos más grandes del jazz. El artista que hay en él va a ponerse frenético de rabia cada vez que oiga ese remedo de su deseo, de todo lo que quiso decir mientras luchaba, tambaleándose, escapándosele la saliva de la boca junto con la música, más que nunca solo frente a lo que persigue, a lo que se le huye mientras más lo persigue. Es curioso, ha sido necesario escuchar esto, aunque ya todo convergía a esto, a Amorous, para que yo me diera cuenta de que Johnny no es una víctima, no es un perseguido como lo cree todo el mundo, como yo mismo lo he dado a entender en mi biografía (por cierto que la edición en inglés acaba de aparecer y se vende como la coca-cola). Ahora sé que no es así, que Johnny persigue en vez de ser perseguido, que todo lo que le está ocurriendo en la vida son azares del cazador y no del animal acosado. Nadie puede saber qué es lo que persigue Johnny, pero es así, está ahí, en Amorous, en la marihuana, en sus absurdos discursos sobre tanta cosa, en las recaídas, en el librito de Dylan Thomas, en todo lo pobre diablo que es Johnny y que lo agranda y lo convierte en un absurdo viviente, en un cazador sin brazos y sin piernas, en una liebre que corre tras de un tigre que duerme. Y me veo precisado a decir que en el fondo Amorous me ha dado ganas de vomitar, como si eso pudiera librarme de él, de todo lo que en él corre contra mí y contra todos, esa masa negra informe sin manos y sin pies, ese chimpancé enloquecido que me pasa los dedos por la cara y me sonríe.

Julio Cortázar, 1959