Non sono d’accordo con chi dice che in questo paese gli scandali sono impuniti, tutto finisce in prescrizione e tutti cercano l’immunità. Anzi, ho diversi esempi di come alla minima mancanza, politici di alto rango siano stati cacciati prontamente e senza appello.
M.S., ministro, destinata a essere forse il primo presidente del consiglio donna della sinistra. Ebbene, la poverina nel 1996 ha acquistato con la carta di credito del partito, due Tobleroni e dei pannolini per bambini, e non ha reso conto di questa spesa nel bilancio. E’ stata allontanata con ignominia. Poi c’è L.F., ministro della giustizia. Nel duemila suo marito ha votato a favore della privatizzazione di un appartamento statale condominiale, mentre la linea del partito era contraria. Dopo aver osato litigare con i giornalisti che assediavano la sua casa, la ministra è stata deposta in un baleno. E’ tornata come ministro degli esteri. Ebbene la sera dello tsunami era a teatro, ed è entrata in azione con due ore di ritardo. Dimessa in poche ore. E che dire delle decine dei candidati di destra che alle ultime elezioni, sono caduti in una trappola giornalistica? Una telecamera nascosta li ha ripresi mentre pronunciavano frasi del tipo “beh sì, da noi ci sono troppi musulmani” o “sono stato in vacanza in Africa e non mi sono trovato bene”. Tutto questo è stato trasmesso in televisione e tutti i partiti, compresi quelli di destra, hanno convenuto che nessuno di loro poteva essere assolutamente candidato.
Poi c’è stato il caso del ministro dell’economia della destra B.R. Sorpreso in un locale di strip-tease con alcuni ospiti del governo, è stato deposto senza pietà. Stessa sorte per il ministro della cultura C.S.C., dopo che i giornalisti hanno scoperto che non aveva pagato il canone della televisione per ben 16 anni.
E questa pronta risposta agli scandali non ha coinvolto solo i politici, ma anche i grandi industriali. P.B., direttore del colosso Apb, è andato in pensione con una liquidazione di ben 4 milioni di euro. Ebbene lo scandalo e l’indignazione sono stati così unanimi che egli, proprio come Romiti, ha restituito grande parte di questa somma.
E nessuno di questi scandali è stato affossato perché nel paese, come sapete, vige un criterio di assoluta trasparenza. Qualsiasi cittadino può chiedere di entrare nell’ufficio di un ministro, vedere i suoi conti e controllare addirittura la sua posta elettronica.
Insomma, guai a sgarrare e farsi beccare, in questo paese.
Ora devo fare una necessaria precisazione: il paese di cui parlo non è l’Italia ma la Svezia. Le sigle dei ministri cacciati stanno per Mona Sahlin, Laila Freivalds, Björn Rosengren, Maria Borelius e Cecilia Stego Chilo: l’industriale è Percy Barnevik. Però le similitudini con l’Italia e il lodo Alfano sono impressionanti, e mi sembrava giusto rilevarle.
Stefano Benni (dal suo sito)
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