giovedì

Abruzzo — aspettando il G8...

.
Photobucket
(Illustrazione: sospensorio)


Di nuovo a L'Aquila.

Dalle parole di chi non è mai andato via — Miss Kappa (Anna Pacifica Colasacco).

Aspettando il G8...


- mercoledì 27 maggio 2009

Schiacciati

Facce nuove nelle tendopoli abitate da ragazzi. Facce di persone che non devono dare spiegazioni. E non si capisce chi siano. Le libere assemblee nei campi sono vietate.Case agibili nei pressi della scuola della GF, vera cittadella militare con bunker sotterraneo di 38 ettari, che verranno requisite. Servono tetti e terrazzi. Nuove vie di fuga dalla caserma approntate in tempi record. Mentre i palazzi storici si sgretolano.Alberghi del centro cittadino, centro fantasma, che vengono riattati. Non per noi Aquilani, noi siamo in mezzo alla strada. Assembramenti di più di quattro persone che si vedono spiate da militari che non nascondono il fatto di venire lì ad ascoltare cosa stai dicendo. E, già da una settimana prima del summit, le vie di accesso alla città saranno bloccate. Noi dentro, come topi nella tagliola. Noi sempre più schiacciati. Ed è solo l'inizio. Il G8 è una violenza che non meritiamo. Datemi una sola ragione per la quale dovremmo essere beneficiati da questa vetrina dei potenti della terra. Sulla nostra terra. Il mio è un grido di allarme. La democrazia non abita più qui.


- lunedì 25 maggio 2009

Lunedì

Lunedì. Ho aspettato questo lunedì come risolutore di qualcosa. Un lunedì dopo un fine settimana da incubo. Sì, perché il tempo si ferma ancora di più al fine settimana. E si aspetta non si sa cosa. Di buon'ora sono uscita per sovrintendere alla verifica di una casa agli interni della quale avevo lavorato fino al giorno prima del sisma. La cliente amica mi ha pregata di sostenerla in questa dolorosa incombenza. Ho così visitato il quartiere di San Pietro, il più devastato dall'evento. Viste le macerie, ho ancor di più elaborato il dramma della perdita. Le ciance inconcludenti di una studentella appena laureata in architettura mi hanno infastidita non poco. Lei faceva la saputella, noi piangevamo in fondo al cuore. Le prime della classe non ci servono, ci serve chi ha lavorato nel campo, chi ha esperienza. Il funzionario della sovrintendenza, davanti ad un camino del cinquecento, mi ha chiesto se fosse liberty. E, davanti a degli imbotti di finestra dello stesso periodo, mi ha chiesto se fossero di nuova fattura. La patina di cinquecento anni lo lasciava totalmente indifferente. Mi domando in mano a chi ci stiano mettendo. La verifica di stabilità ci ha lasciato del tutto insoddisfatti. Interdetti direi. E ci ha portati fino alle ore 13, con un caldo bestiale. Ora di pranzo, si va alla mensa del campo della stazione. Arriviamo alle 13,15. Ci comunicano che non ci sono più pasti. Ci dirottano presso un'altra mensa. Al piazzale di La Meridiana. Arriviamo dopo cinque minuti. Pasti finiti anche lì. Si potrebbe andare alla mensa di Monticchio, ma è dall'altra parte della città. Con una sola arteria aperta, non si arriverebbe in tempo per le 14, ora di chiusura. E poi, forse, i pasti son finiti anche lì.Tentiamo in un paio di strutture a pagamento, ma sono invase dai volontari della protezione civile. Alla fine, entriamo in un supermercato e compriamo del pane e della mortadella e li consumiamo seduti su una panchina all'interno del centro commerciale. Ci sentiamo abbastanza idioti.La pratica della verifica della nostra casa è irrimediabilmente smarrita, al momento non sappiamo a chi rivolgerci. I numeri di telefono che ci hanno fornito per cercare di recuperarla ci buttano giù il ricevitore,senza dire neanche pronto. Tutto ciò fa sentire abbandonati. E anche contrariati, per usare un eufemismo. Una buona notizia, però, c'è. Sabato 30 avrà luogo una manifestazione di cittadini per chiedere a gran voce di essere ammessi al centro storico. Cuore pulsante e fulcro della nostra città. Culla della nostra memoria, anche se offesa quasi a morte. Ora terra di nessuno. Pronta per essere messa in sicurezza per ammettere i potenti del mondo. Ma non per noi. Siamo armati di ottime intenzioni. Si cercherà di forzare i posti di blocco. 'Sta cosa mi piace. Cazzo, la città è anche nostra. O no?


- giovedì 21 maggio 2009

Di Bertolaso e della Protezione Civile

Dalla mailing list dei Giuristi Democratici trascrivo queste osservazioni sulla P.C.

Bertolaso dichiara:

“Abbiamo messo alcuni paletti fondamentali e abbiamo risolto l’annosa vicenda di chi comanda: in campo di protezione civile bisogna sapere sempre chi è il capo, non ci può essere democrazia in emergenza… Perché noi in Italia siamo sempre in emergenza”.(Intervista rilasciata a Alma Pizzi, Se la terra trema, Milano, Il Sole 24 ORE, 2006, pp. 74-75)

Infatti, per prolungare ad arte l’emergenza, a L’Aquila non basta il terremoto. Bisogna aggiungervi anche il “grande evento”del G8, per il quale è competente sempre la PC. Secondo Bertolaso, la protezione civile non costituisce un diritto fondamentale, di tutti. Gli articoli 2, 9 e 32 della Costituzione non direbbero nulla in proposito. Esiste solo il dovere di obbedire a un capo. Egli ignora perfino il fatto che un secolo non è passato invano dall’inizio del 1909, quando a Messina fu proclamato lo stato di assedio e la legge marziale. E che la Protezione Civile è stata chiamata così proprio per marcare l’opposizione alla protezione militare. Non sa neanche che la legge n. 225 del 1992, con la quale è stato istituito il Servizio Nazionale della Protezione Civile, e che fissa tuttora i principi generali della materia, all’art. 18 c. 1 parla chiaro: “Il Servizio nazionale della protezione civile assicura la più ampia partecipazione dei cittadini, delle organizzazioni di volontariato di protezione civile all’attività di previsione, prevenzione e soccorso, in vista o in occasione di calamità naturali”. “La più ampia partecipazione dei cittadini” per Bertolaso si ridurrebbe alla esecuzione degli ordini del capo. E senza fiatare.


Il blog di Miss Kappa


Il terremoto d'Abruzzo su Narcolessia delle giraffe

Nessun commento: